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Presenza

Per una settimana celebro da solo nell’angolo rimastomi della mia chiesa, affidata a una associazione musulmana che la occupa per incontri formativi. Le Piccole Sorelle sono ad Algeri per un loro incontro.

Mi accompagna la riflessione del teologo Sequeri che partendo dalla figura di Charles de Foucauld

la estende a ogni presbitero e a ogni cristiano: «L’immagine evocata da Fratel Carlo, che si immagina come sacerdote, dove non se ne sono visti, per spezzare il pane e invitare al banchetto invitati improbabili rispetto ai soliti noti, è particolarmente commovente da leggere oggi. Da qualche tempo ci siamo abituati all’idea del sacerdote come guida e animatore di una Chiesa-comunità già formata, con tutti i suoi ministri sussidiari, i suoi laici impegnati, le sue iniziative caritative e culturali, che quasi abbiamo rischiato di dimenticarci che dove un cristiano si trova a vivere la sequela e l’imitazione del Signore, la Chiesa è già arrivata. E dovunque un sacerdote vive sinceramente la propria vocazione al discepolato come ministro ecclesiastico dell’Evangelo in seno alla condizione umana, la Chiesa ha già incominciato ad agire formalmente nella successione apostolica della confessione della fede, dell’ospitalità evangelica, dell’annunzio della salvezza, della speranza di riscatto, delle opere di agape».

Sequeri conclude: «Un sacerdote, un religioso, un cristiano, non sono mai senza Chiesa. Al contrario, i luoghi dell’umano che rimangono senza Chiesa sono sempre molti. Non basta che la Chiesa viva la sua vita, nei luoghi in cui abita l’uomo. Né è sufficiente che essa viva la vita di coloro che la abitano già. È necessario che essa mostri di saper vivere la vita di coloro che abitano ai confini della sua: anzi, che essa viva proprio la vita di coloro che non la abitano per nulla. E forse non arriveranno ad abitarla, su questa terra, con la comprensione e la libertà che sono necessarie affinché siano onorate insieme – secondo la limpida intenzione di Dio, significata da Gesù – la qualità del discepolo e la dignità dell’ospite» (Cruz Oswaldo Curuchich Tuyuc Charles de Foucauld e René Voillaume, Cittadella Editrice, p. 157).

Sopra la cupola è rimasta anche la piccola croce, segno dell’amore di Gesù per i suoi discepoli.

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