Skip to main content

Un saluto a don Emmanuele, in attesa di un altro “dono”

Questa mattina don Emmanuele Cardani mi ha salutato. Ha vissuto con me e con padre Davide Carraro un po’ a Touggourt e soprattutto ad Hassi Messaud, grande centro petrolifero. Prete fidei donum della diocesi di Novara, appartiene alla famiglia sacerdotale degli Oblati che fanno voto di obbedienza al vescovo. Queste due note di prete “dono della fede” e “oblato” hanno improntato fortemente e orgogliosamente il suo vivere a servizio non solo dei cristiani delle società petrolifere che vengono da tutte le parti del mondo ma anche degli algerini che si confidavano a lui.

È stato lui a occuparsi della riparazione della piccola chiesa Notre Dame des Sables e della casa adiacente. Tutto  ciò gli ha domandato di tessere un continuo rapporto con gli operai e i donatori delle società, in gran parte italiani, con le autorità della città e col vescovo del Sahara, mons. Claude Rault.

Mentre era qui con me, negli ultimi giorni, il suo cellulare era testimone di un intreccio di saluti che dicevano che non è facile interrompere i rapporti di amico e di sacerdote anche con gente di varie situazioni umane e religiose. È bello vedere un missionario che entra nel vivo della vita della gente e che accetta di compromettersi nelle gioie e nelle sofferenze.

Terminato il suo contratto col Pime, al quale era associato, don Emmanuele è ripartito per l’Italia dove deve subire un’operazione all’anca. Al rientro risiederà ad Algeri per un nuovo impegno con l’arcivescovo di Algeri, mons. Ghaleb Bader. 

Questa mattina, celebrando l’Eucaristia con le Piccole Sorelle di Gesù con le quali, insieme, abbiamo vissuto questi anni, gli ho ripetuto quanto il superiore generale del Pime ha detto un mese fa ai quattro nuovi membri del Pime, tre brasiliani e un italiano: «Vi accogliamo con gioia, ma non vi tratteniamo».

Mi era piaciuto sentire riaffermato lo spirito del Pime, che forma missionari e continua a inviarli. Anche con don Emmanuele il Pime ha vissuto insieme e ora lo lascia libero di andare… di andare ancora! 

Quanto al vivere insieme, voglio ricordare anche un altro pensiero del superiore: «La chiamata non è una vostra iniziativa, ma è dono di Dio; la chiamata è un dono per la missione, la quale chiede fedeltà fino alla fine; infine la chiamata è comunitaria, perché il carisma lo si vive assieme, così come si impara reciprocamente assieme dalla memoria vivente dei confratelli, solo mettendo a parte l’individualismo … per vivere in una famiglia di Apostoli dove ci si trova non perché ci si è scelti, ma perché Lui ci ha scelto». 

Ora non mi resta che attendere padre Davide e sperare in un altro “dono della fede” della Chiesa italiana. Per questo vi chiedo una preghiera.

Articoli correlati

Mare Mosso

Icona decorativa31 Ottobre 2024
Icona decorativaFranco Cagnasso
E’ trascorso un mese dal mio arrivo in Bangladesh. Sapevo che dallo scorso luglio la vita di questo grande paese con …

Dall’Iran all’Italia per arrivare alle Olimpiadi di Parigi

Icona decorativa9 Agosto 2024
Icona decorativaRebecca Molteni
Nella squadra olimpica dei rifugiati, ci sono anche due giovani iraniani, Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour, che in I…

Ritorno

Icona decorativa23 Luglio 2024
Icona decorativaFranco Cagnasso
Eccomi qui, di nuovo con una “scheggia” certamente inattesa: la precedente, numero 239, risale a più di un anno fa: n…